La Regione Veneto con la l.r. 13/2014 destina fondi pubblici a: distretti industriali, reti innovative regionali e aggregazioni di imprese.
L’aggregazione o integrazione a rete è sempre stata considerata una strategia vincente per le PMI, volta a favorire delle economie di scala e processi di innovazione e crescita economica.
È stato questo il motivo che ha portato all’approvazione nel 1991 della legge n. 317 che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il concetto di distretto industriale definito “un possibile strumento di politica industriale a sostegno delle PMI”.
Com’è noto il Veneto è indubbiamente la Regione che più di altre porta connaturata alla sua stessa struttura produttiva il concetto di distretto industriale: infatti, nella maggior parte dei casi, il tessuto di PMI Veneto si è sviluppato in centri ad alta concentrazione di imprese spesso operanti nella stessa filiera che hanno fatto della collaborazione, dovuta in primis alla reciproca stima e fiducia, uno dei principali fattori di crescita dell’economia regionale e quindi nazionale.
Lo scopo della normativa sui distretti produttivi era quindi quello di accordare a queste realtà delle agevolazioni volte ad incentivare lo sviluppo integrato delle PMI.
Sulla base della precedente normativa (l’ultima, oggi abrogata, era rappresentata dalla l. n. 8/2003) erano stati riconosciuti dalla Regione Veneto oltre 40 tra distretti e meta distretti. Oggi le cose sono cambiate.
Con il Bollettino Regionale n. 57 del 6 giugno 2014 la Regione Veneto ha pubblicato la nuova legge sui distretti industriali (l. regionale n. 13/2014) che individua e riconosce come destinatarie di agevolazioni tre tipologie di aggregazione di imprese: i distretti industriali, le reti innovative regionali e le aggregazioni di imprese.
Innanzitutto è da dire che la legge, in un ottica di semplificazione, ha ridefinito il concetto di “distretto industriale” legandolo più saldamente ad un’idea di precisa localizzazione geografica, per cui oggi il distretto industriale è definito come “un sistema produttivo locale, all’interno di una parte definita del territorio regionale, caratterizzato da un’elevata concentrazione di imprese manifatturiere artigianali e industriali, con prevalenza di piccole e medie imprese, operanti su specifiche filiere produttive o in filiere a queste correlate rilevanti per l’economia regionale” (art. 2, comma 1, della legge della Regione Veneto n. 13/2014). A differenza di quanto accadeva in precedenza, oggi è esclusiva competenza della Giunta regionale individuare i distretti industriali e definirne l’ambito geografico e settoriale; successivamente, poi, le imprese aderenti a ciascun distretto industriale regionale individueranno il soggetto giuridico preposto a rappresentare il distretto nei rapporti con la Regione e le altre amministrazioni pubbliche, che raccolte le istanze delle imprese potrà presentare i progetti di intervento alla Regione anche attraverso la forma degli accordi di programma
Se da un lato si è voluto ancorare il distretto ad una realtà territorialmente definita, dall’altra si sono forniti gli strumenti alle imprese che non possiedono le caratteristiche per rientrare in un distretto, per raggiungere gli stessi vantaggi e opportunità. Così la legge introduce la figura della “rete innovativa regionale” definendola “un sistema di imprese e soggetti pubblici e privati, presenti in ambito regionale ma non necessariamente territorialmente contigui, che operano anche in settori diversi e sono in grado di sviluppare un insieme coerente di iniziative e progetti rilevanti per l’economia regionale” (art. 2, comma 2).
Essendo un modello molto più flessibile, la rete innovativa regionale viene sempre riconosciuta dalla Giunta Regionale, ma su richiesta proveniente dalla stessa rete. Anche questa, al pari del distretto industriale, potrà concordare accordi di programma attraverso un proprio rappresentante.
Un’ultima forma aggregativa che potrà beneficiare di agevolazioni regionali è individuata dalla legge nelle aggregazioni tra imprese. Queste dovranno essere costituite da un insieme di imprese in un numero non inferiore a tre e potranno avere diverse forme:
  1. imprese aderenti ad uno specifico contratto di rete, come definito dalla legislazione vigente, o forme equivalenti di aggregazione, che mantengono l’autonomia giuridica e gestionale delle imprese partecipanti;
  2. imprese riunite in consorzio con attività esterna, società consortile o società cooperativa, ovvero riunione nella compagine sociale di società di capitali a controllo congiunto;
  3. associazioni di imprese, anche temporanee appositamente costituite per la realizzazione di un progetto comune.
È da evidenziare il fatto che le aggregazioni, a differenza di distretti e reti innovative, saranno destinatarie di specifiche agevolazioni disciplinate volta per volta da specifici bandi regionali.
Per quanto riguarda gli ambiti di intervento, la Regione finanzia progetti presentati dai distretti industriali, reti innovative regionali e aggregazioni di imprese, riguardanti:
  1. la ricerca e l’innovazione;
  2. l’internazionalizzazione;
  3. le infrastrutture;
  4. lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia ambientale;
  5. la difesa dell’occupazione;
  6. lo sviluppo di imprenditoria innovativa e di nuova imprenditorialità;
  7. la partecipazione a progetti promossi dall’Unione europea, anche in materia di “cluster”;
  8. ogni ulteriore iniziativa finalizzata al rafforzamento competitivo delle imprese.
Insomma, nelle speranze del legislatore regionale, attraverso i finanziamenti che saranno immessi nell’economia locale, si intende puntare su “progetti di sistema […] in grado di produrre esternalità positive su larga scala, capaci di incidere sulla dinamica competitiva delle imprese che operano all’interno di un distretto o di una rete” (Relazione al Consiglio regionale sulla l. n. 13/2014), sostenendo quindi lo sviluppo di una cultura della condivisione.
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